Il Cerchio d’Oro – Il fuoco sotto la cenere – recensione

di Riccardo Storti, pubblicato il 12 Marzo 2018

by Riccardo Storti*

Avete presente quando andate in una di quelle belle trattorie, dove le porzioni sono abbondanti e, appena vi alzate da tavola, vi sentite sazi, soddisfatti e contenti?

Ecco, l’ultimo lavoro dei savonesi Il Cerchio d’Oro (prodotto sempre dalla Black Widow Records) mi ha trasmesso proprio questa impressione. È ricco e, alla fine dell’ascolto, ti lascia appagato. Sette pietanze cucinate con occhio attento al ricettario degli amati anni Settanta ma con un gusto personale per la melodia e per complessi incastri tematici di felice variabilità. Benvenuti tra i fornelli accesi dai gourmet Terribile, Piccolini, Pradal e Spica. Il fuoco sotto la cenere fa presto a blandire le pentole e a scatenarne la combinazione tra sapori e aromi sonori confezionati ad arte da questi esperti cuochi del prog.

Esco dalla metafora e la butto lì, senza esitazione: la band, con questo album, ha raggiunto il culmine, nonché l’esatta cifra stilistica che ne caratterizza l’indubbia passione (anche qualitativa).

il cerchio d'oro

il cerchio d’oro

Le voci: calibrate con zelo contrappuntistico secondo la migliore tradizione vocale ligure (l’imprinting della linea New Trolls, Latte e Miele e Nuova Idea che da Zena sale fino a Stella San Giovanni e dintorni). I colori: l’essenzialità tastieristica della famiglia Piccolini (il padre e il figlio) a cui basta un Hammond, un piano e qualche sintetizzatore. I ritmi: l’amore per l’hard rock, le distorsioni dei riff che lanciano la corsa a basso e batteria dei Terribile in giochi di simbiotici stop and go.

Disco denso, anche di richiami citazionali, più o meno voluti (lì, bisognerebbe chiedere alla band). Azzardo: la frase di basso dell’interludio di Per un amico (a 3’40”) della PFM in Per sempre qui (3’46”); l’incipit pianistico de Il fuoco nel bicchiere ricorda vagamente quello de La realtà non esiste di Claudio Rocchi; in Il rock e l’inferno si palesa con baldanza il tema di Space Truckin’ dei Deep Purple (4’58”). Emozionante l’omaggio a Ivan Graziani con la cover Il fuoco sulla collina (tratto da Agnese dolce Agnese del 1979) abbellita da dettagli vocali polifonici e da un suggestivo solo di Moog (là dove non te lo aspetti).

Da segnalare due passaggi incidenti nella forma e nello spirito: Paolo Siani e Giorgio Usai (storici membri della Nuova Idea), perfettamente a loro agio in Il rock e l’inferno, e Pino Ballarini (cantante fondatore de Il Rovescio della Medaglia), vocalist in Per sempre qui.

Il fuoco sotto la cenere è il frutto di uno sforzo appassionato e appassionante: musici (nemmeno troppo per caso) che hanno saputo offrire consistenza ad un fluido affresco prog tra reminiscenze sinfoniche (la title track, Il fuoco nel bicchiere e Per sempre qui), microsuite (Thomas) e orditi corali alternati a tempi composti (I due poli slittano verso i 5/4; Il rock e l’inferno mettono talvolta in mostra una muscolatura ritmica di 11/8).

Entrate e chiedete il menu: la cucina non vi deluderà. E dite che vi ho mandato io.

*Presidente del Centro studi per il Progressive Italiano

Articolo originale alla pagina https://scrittoreprog.blogspot.it/?view=sidebar