Morrissey – Lucca Summer Festival – 26/06/25 – recensione
Recensione e photo di Andrea Zanel
E’ un Morrissey in grande spolvero quello che sabato 26 luglio si è esibito al Lucca Summer Festival. L’ex frontman degli Smiths, dopo aver tenuto sulle spine i tanti fans italiani a causa del recente annullamento di alcuni concerti e dopo aver giurato nel recente passato di non volersi mai più esibire in Italia in seguito ad una lite con un poliziotto romano, finalmente, a distanza di tre giorni dall’esibizione a Gardone Riviera, si appresta ad entrare in scena a Lucca e ad attenderlo c’è una Piazza Napoleone entusiasta e gremita.
Sul megaschermo che fa da cornice al palco, si alternano foto ed immagini vintage, prima Pierpaolo Pasolini, e poi, fra gli altri, Jack Kerouac, Rita Pavone, David Bowie e persino Benny Hill, in ultimo compare Alain Delon nella celebre scena tratta dal film Il ribelle di Algeri che riproduce la sua morte, diventata poi la copertina del celeberrimo LP The Queen is dead.
La spasmodica attesa termina intorno alle 21:30, quando, preceduto dalla sua band, the Moz esce dalle quinte con il vecchio ciuffo un po’ più sbiadito ma con il suo look pieno di charme: camicia con fantasia floreale sbottonata, jeans baggy ed un mazzo di cardi in mano. Lo spettacolo inizia con Suedhead e l’eccitazione va subito alle stelle, che bello constatare che a più di venticinque anni dalla sua prima esibizione da solista in Italia – Oye Esteban Tour 1999 -, la sua inconfondibile voce è sempre LEI…la seconda canzone è la prima delle tre cover degli Smiths (le altre saranno Shoplifters of the world unite e la splendida I know it’s over ) e Morrissey ci concede quel diamante incastonato nell’oro che risponde al nome di How soon is now che grazie al suo iconico riff risulta un involontario omaggio a Johnny Marr.
Li rivedremo mai insieme?!? Può per una sola volta il dio denaro fare una buona azione?!? Speedway, All you need is me, I wish you lonely, Istanbul, The loop le performance migliori che precedono la hit Everyday is like sunday con folla in estasi ma, sebbene non sia la canzone più famosa della setlist proposta, l’apoteosi del concerto viene raggiunta, a mio avviso, con Jack the Ripper, quando le note e la sua voce unica si mischiano per dare vita a questo capolavoro, il tutto condito con una messa in scena molto suggestiva fatta di numerosi fumogeni e luci rosse che invadono il palco.
Dopo la breve uscita di scena il concerto termina con le bellissime Let me kiss you e First of the gang to die dove Morrissey si denuda e lancia al pubblico prima una camicia chiara e poi una maglietta del tour che provoca una scaramuccia tra uno spettatore locale ed un energumeno americano che alla fine la spunta.
Resta il tempo per defluire e tornare verso l’auto con il il cuore bello pieno ma con il grandissimo rammarico che rispetto all’esibizione al Vittoriale mancano all’appello Life is a pigsty, Last night i dreamt that somebody loved me e Please please me get what I want che sono tre pezzi da 90. Questo fatto ahimè lascia un po’ di amaro in bocca ma Morrissey non si discute si ama.
La band, di matrice nord e sud – americana tranne la bravissima chitarrista Carmen Vandenberg, londinese di nascita e lucchese di adozione è stata precisa e puntuale, sicuramente all’altezza dello spettacolo.