Nick Cave – Lucca Summer Festival – 17/07/25 – recensione

di Redazione, pubblicato il 11 Agosto 2025

Recensione e photo di S.G.

È una calda serata di luglio quella che accoglie le seconda tappa italiana di Nick Cave del tour 2025 caratterizzato dall’assenza dei fedeli Bad Seeds.


L’artista australiano si presenta in versione solista, al pianoforte, accompagnato al basso dal troppo spesso sottovalutato Colin Greenwood dei Radiohead.


Negli ultimi dieci anni, Cave è molto cambiato. Le tragiche morti dei figli Arthur (2015) e Jethro (2022) hanno determinato una sorta di spartiacque nel suo percorso umano ed artistico: ha elaborato il dolore e lo ha sublimato, aprendosi e “concedendosi” al pubblico, rivelando una sorta di bisogno di contatto ed empatia.


Personalmente seguo Cave dai primi anni 80 e confesso di essere affezionata al “vecchio” Nick, l’incubo dei giornalisti incaricati di intervistarlo (mandati spesso a quel paese, per usare un eufemismo…) quello dei testi travolgenti e micidiali, dilaniato ed incattivito dalle proprie dipendenze, sospeso tra paradiso ed inferno, tra misticismo, citazioni bibliche e visioni infernali. Ma la devozione per questo straordinario artista mi ha convinta ad amare il nuovo percorso da lui intrapreso.

 

nick cave

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Il concerto si apre con Girl in Amber ed è subito magia. Il pubblico è trasportato in un’altra dimensione e, poco a poco, mentre la luce del giorno cede il passo al buio della notte, si susseguono brani tratti dagli album più recenti. Jesus on the moon, O children, Cinnamon Horse, Waiting for you regalano emozioni profonde, ma è durante l’esecuzione di brani del passato che il cuore prende fuoco.


Papa won’t leave you Henry, The Mercy Seat, The weeping song, in questa inedita veste semiacustica sorprendono e convincono. Tra un brano e l’altro, Cave dialoga ed interagisce col pubblico, arriva anche a ridere e far ridere per qualche battuta, impensabile fino a qualche anno fa.


Stupendo è l’omaggio a Leonard Cohen, uno dei mistici maestri ai quali Cave è devoto. La cover di Avalanche, introdotta dal racconto di come ha scoperto, da ragazzo, il grande artista canadese, regala brividi nella calura estiva.


Una versione rarefatta di Push the sky away, conclude il concerto in attesa dell’immancabile rientro on stage per i bis che raggiungono il loro momento topico nella cover di Cosmic Dancer dei T. Rex, preceduta da un commovente ricordo del mai abbastanza celebrato Marc Bolan. Durante queste esecuzioni, inevitabile alzare lo sguardo alla volta stellata, quasi un abbraccio cosmico tra terra e cielo, tra noi quaggiù e le anime immortali di coloro che hanno lasciato impronte indelebili nella storia del rock.
Into my arms conclude definitivamente il concerto.

Nick e Colin lasciano il palco: è il momento di salutarsi, ma con il desiderio e la certezza che si tratti solo di un arrivederci.