NIGH/T\MARE – Call to the worms – 2025 – recensione e full streaming

di Redazione, pubblicato il 28 Agosto 2025

Recensione di Edo Genova Noise Gang

NIGH/T\MARE, progetto italiano legato all’etichetta Brutal Forms, torna con un’opera disturbante e compatta, una lunga discesa in un mondo industriale fatto di lamiere, sangue secco e rumore. Call to the Worms è un viaggio in tre atti più tre visioni parallele (remix) che suona come un rituale laico verso la decomposizione del sé e del suono.
 
Le prime tre tracce inedite formano un unicum coerente, un blocco monolitico di drone, industrial, rumore e ritualismo elettronico. Si apre con Ruin, una lenta emersione dall’abisso, dove atmosfere in costante crescita comprimono l’ascoltatore in una camera di ferro. Attorno al quarto minuto, una repentina decompressione ci sospende nel vuoto: elementi pseudo-etnici e campioni vocali fantasmi ci destabilizzano, per poi risprofondare in un battito cadenzato, quasi cardiaco, che ci accompagna fino al termine.
 
Call to the Worms prosegue senza soluzione di continuità, come il secondo stadio di una discesa obbligata. L’angoscia cresce, il suono si fa sempre più denso, opprimente, oscuro. Qui non c’è catarsi, ma solo la consapevolezza che il fondo del baratro non prevede risalita.
 
Void chiude il trittico originale con coerenza ossessiva, portando a compimento l’opera con una ritmica simile ma ancor più claustrofobica. È il sigillo finale su un viaggio negli inferi sonori, che omaggia l’estetica dell’industrial classico ma con una voce personale e dolorosa. Un disco che fa male, e lo fa bene.
 
Arrivano poi i remix, che non si limitano al compitino ma offrono visioni alternative potenti e ben costruite:
 
Il primo è Skumring su Call to the Worms: un remix berlinese, dritto, polveroso e decadente, in pieno stile fabbrica DDR all’alba. Sudore, battiti dritti, odore di anfetamine e sensazione di essere solo dati in una Matrix in rovina.
 
Il secondo, 2+2=5 su Void, vira verso territori breakbeat. È un remix meno spietato ma dinamico, che ci trasporta in un inferno urbano post-apocalittico tra grattacieli grigi, graffiti demoniaci e fughe su BMX in quartieri abbandonati.
 
Chiude il disco Hålbå, con la reinterpretazione di Abbandon: un viaggio cosmico e disumanizzante, horror sci-fi e polveri stellari, dove la deriva diventa esistenziale e lo shuttle è ormai fuori rotta. È il pezzo più riuscito dei tre remix: ambizioso, coraggioso, narrativo.
 
Conclusione
 
Call to the Worms è un disco coerente e spietatamente onesto. Non cerca compiacenza né bellezza: è un concept sonoro che rifiuta ogni estetica rassicurante per farsi ferita, graffio, infezione. Un viaggio breve ma densissimo, che scava nell’inconscio e tra le rovine della psiche contemporanea. È un’esplorazione cruda delle paure dell’epoca post-industriale. Un’opera che non consola, ma lascia cicatrici – e forse, proprio per questo, trova un perverso compiacimento nel dolore che infligge.
 
Voto finale:
 
Per cultori di industrial e heavy electronics: 7.5/8 – tradizionale, ma con sostanza e visione.
 
Per ascoltatori occasionali: 8/9 – accessibile nella sua brutalità, ottimo entry point al genere benché a tratti ridondante.