La Maschera di Cera – S.E.I. – (AMS/BTF) – 2020 – recensione

di Riccardo Storti, pubblicato il 12 Ottobre 2020

Alla fine dell’Ottocento nella storia dell’arte, nacque un filone che puntava ad esaltare i grandi stili del passato: tale operazione si distinse anche per un vezzo lessicale ovvero  quello di fare precedere il nome della corrente dal prefisso “neo”. Era tutto un proliferare di neogotico, neorinascimentale, neobarocco e neoromanico: così l’architettura revivalista si diffondeva in Europa e nel mondo. Un esercizio di stile, ma anche un modo di divulgare una tradizione artistica dalle radici lontane e dalle notevoli suggestioni immaginifiche dentro la modernità delle “magnifiche sorti e progressive”.

Ecco, ogni volta che ascolto La Maschera di Cera, ripenso ai castelli neogotici della mia città (Genova), quelli progettati e realizzati da Gino Coppedé. C’è un comune talento archeo-museale in entrambi: come Coppedé riprendeva gli stili del passato, così La Maschera di Cera riproduce fedelmente – con calligrafica attenzione – i canoni musicali di una stagione ben precisa, quella del progressive rock italiano anni Settanta, nella variante più oscura. Ogni loro disco, pertanto, ha la monumentalità (anche divulgativa) di un Castello d’Albertis in musica, un’opera in cui l’ascoltatore possa ripercorrere la varietà (e variabilità) creativa di una precisa era geologica del prog nostrano.

A sette anni di distanza, la band dà alle stampe un lavoro firmato dal residuo trio Alessandro Corvaglia (voce e chitarra acustica), Agostino Macor (tastiere) e Fabio Zuffanti (basso) con l’appoggio esterno di Martin Grice dei Delirium (sax e flauto) e a Paolo “Paolo” Tixi (batteria); e lo fa con un album ben aderente all’allure Seventies, attraverso una suite (che occupa l’intera prima facciata del vinile) e due poderose composizioni. Ognuna delle tre tracce ha una natura diversa e, sul piano della varietà stilistica, si richiama a sensibilità diverse.

L’opener Il tempo millenario, oltre ad essere un affascinante e visionario viaggio nel tempo, è il brano che meglio si ricollega alle origini del progetto. Quel mondo sonoro, così amato, ricreato e conservato dalla band, emerge con statuarietà di particolari: ci sono la ritmica sbilenca e irregolare del Museo Rosenbach, le ombre gravi del mellotron del Balletto di Bronzo, i sentori hard degli Alphataurus e del Rovescio della Medaglia e le aperture sinfoniche dei Maxophone e degli Alusa Phallax, il lirismo testuale di Un Biglietto per l’Inferno.

Il cerchio del comando sfrutta temi dalla scrittura baroccheggiante (sentite cosa fa l’organo), alterna metri ternari a metri composti (5/4), ma, sul piano coloristico, l’ausilio della chitarra acustica e del flauto sposta il sound della band vicino ai territori dei Delirium (in cui oggi suonano Corvaglia e Grice), della Reale Accademia di Musica e L’Era di Acquario per un prog che non rinuncia ad un briciolo di folk.

Una spanna sopra la conclusiva Vacuo senso: qui La Maschera di Cera sembra staccarsi leggermente dal modulo di famiglia per tentare delle uscite fuori porta assai accattivanti. Basta che un riff di basso venga trasferito alla sezione fiati di Grice e il combo si erge in bilico tra i Van Der Graaf Generator e i primissimi Blood, Sweat and Tears. Ma la tessitura armonica trova una sua evoluzione particolare per cui, tutto ad un tratto, Corvaglia canta con il trasporto emotivo di un Francesco Di Giacomo: a quel punto Vacuo senso deve molto al Banco del Mutuo Soccorso, soprattutto quando le mosse pianistiche (memori de La danza dei grandi rettili) spostano la traccia verso il jazz (e ci scappa pure una citazione di My Favourite Things di Coltrane a 6’28”). E poi c’è Canterbury in quel solo di Macor all’organo very fuzzy (7’04”): sembra il Lowrey di Ratledge in una session dei Soft Machine.

Se volete spiegare il progressive italiano anni Settanta in 45 minuti, questo disco offre tutto quello che c’è da sapere, anche in termini di passione emotiva. Come quando, a Genova, passando da Via Cabella, rimaniamo affascinati dall’imponenza dolce e severa del Castello Mackenzie.

Articolo originale alla pagina https://scrittoreprogressivo.wordpress.com/2020/10/11/la-maschera-di-cera-s-e-i-ams-btf-2020/