Tommy: The Who’s musical – recensione

di Riccardo Storti, pubblicato il 30 Marzo 2024

Giovedì 28 marzo 2024, presso la Sala Aldo Trionfo del Teatro della Tosse di Genova, è andata in scena la versione da concerto della rock opera Tommy, composta e pubblicata dagli Who nel 1969. Lo spettacolo, sotto la direzione musicale di Aldo De Scalzi, si è anche avvalso di molteplici interpolazioni tratte dall’omonimo film di Ken Russell, con tanto di proiezioni su schermo.

Aldo De Scalzi è stato il capitano di una nave di abili musicisti e cantanti, visto che si è mosso per tutto il tempo sul palco, elargendo indicazioni esecutive ed interpretative, come una sorta di direttore d’orchestra ambulante.

Uno spettacolo che, oltre ad avere garantito fedeltà al “libretto” primigenio, ha osato mettere qualcosa di suo, senza snaturare l’impianto originale di un capolavoro incapace di avvertire l’usura del tempo. Va detto che alcuni episodi hanno mostrato un valore aggiunto, finalizzato ad alzare ulteriormente il valore qualitativo della performance: mi riferisco ad un paio di canzoni, talune cult. Pinball Wizard, cantata da Roberto Tiranti, ha mostrato un tiro quasi hard, grazie anche agli assist in controcanto di Claudio Boero (vocalist di The Mariners, tribute band degli Iron Maiden). Di Armanda De Scalzi, figlia di Vittorio, avevo seguito i primi passi e, per disattenzione mia, ne avevo un po’ perso le tracce: le ho riprese rimanendo folgorato da un’interpretazione da pelle d’oca di The Acid Queen, molto più vicina alle coordinate di Aretha Franklin o Amy Winehouse che non a quelle di Tina Turner.

the who tommy's musical 1

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Vera sorpresa Eyesight to the Blind (The Hawker): come si sa, è l’unica canzone di Tommy “importata”, visto che si tratta di un blues, composto nel 1951 da Sonny Boy Williamson II. Diciamo che non sia una delle tracce memorabili del disco e che la versione di Clapton, per la colonna sonora della pellicola, pecchi di una certa indolenza canora, non all’altezza del convincente portato ritmico. Ebbene, quella che ho ascoltato ieri sera da Paolo Bonfanti si è tolta di dosso la taccia di canzone minore: l’asticella si alza e il merito va individuato in un affiatamento funky soul focalizzato sul mix voce e chitarra del bluesman genovese.

I soggetti calzano a pennello: l’ottima Valeria Bruzzone, nel ruolo della madre di Tommy, è abilissima nel reggere il gioco dall’inizio alla fine; versatile Fausto Sidri nelle vesti del patrigno, così come Agostino Marafioti (notevole presenza scenica, oltre ad un timbro assai impostato). Coinvolgente Matteo Merli (Tommy adulto), soprattutto in I’m Free e nel finale corale di We’re Not Gonna Take It. Una menzione alla piccola Mia Maragliano, nel ruolo di Tommy bambino: calata nella parte, ha dimostrato concentrazione e pazienza, nonostante le distrazioni in scena dei vari zii, cugini e regine acide.

Un live trascinante condotto a destinazione da un brillante ensemble collaudato (stiamo parlando della 2Little Time Band) che, nel corso degli ultimi anni, ha affrontato altre pagine di “melodramma rock” (cito solo Jesus Christ Superstar ma anche lo spettacolo dedicato a Woodstock, tenutosi nel 2019 all’Arena del Mare).

Ora c’è un sogno: una versione da concerto di Quadrophenia con una Love, Reign o’er Me, cantata da Tiranti, The Real Me dalla voce di Boero e una 5:15 di Bonfanti. Ma sto solo sognando, eh…

articolo originale sul blog Asterischi di Musiche dell’autore Riccardo Storti