Leggende dall’underground genovese: Eczema parte 1

di Roberto Giannini, pubblicato il 3 Aprile 2015

 

C’era una volta una band, rimasta, a distanza di oltre vent’anni, nel cuore dei genovesi che ebbero la fortuna/sfortuna di assistere a uno dei loro leggendari concerti in città, ma anche fuori.

Si chiamavano Eczema, e sono stati uno dei gruppi più sconvolgenti in assoluto che la nostra scena musicale abbia mai visto in circolazione. Nati da un’illuminata idea del leader carismatico Claudio Pozzani, all’epoca proprietario del mitico Circolo Viaggiatori nel Tempo (CVT) e oggi affermato direttore artistico del Festival Internazionale della Poesia, gli Eczema nacquero una volta terminata la felice esperienza dei Cinano, punk band (sempre guidata da Pozzani, coadiuvato dagli ottimi Ivo Avanzi alle chitarre, Michela Gatti al basso e Marco Fornari alla batteria) che aveva ottenuto un discreto successo con l’album Piacere mi chiamo Rosario e con almeno due singoli (quello che dà il titolo all’album e il must Non mi sposerò mai).

Ma fin da subito gli Eczema hanno evidenziato peculiarità totalmente differenti dal punto di vista stilistico rispetto alla precedente band di Pozzani: non più il punk rock dalle sfumature demenziali cinaniano, bensì un miscuglio folle e sovversivo di generi e (contro)tendenze.

La band era formata da un nucleo fisso, comprendente, oltre ad un Pozzani che sul palco pareva uno schizofrenico in fuga chissà da quale manicomio criminale, il bassista Nico De Simine e il chitarrista (oggi DogZilla) Pino Bracaglia. Praticamente membro fisso era anche la  violinista di origina polacca e di impostazione classica Joanna Pedzwiatr. I quattro erano coadiuvati molto spesso da una sezione fiati/archi tutta al femminile, con la flautista Laura Bocciardo e la sassofonista Laura Gregori. Alla batteria si è prevalentemente seduto Roberto Giannini, in qualche occasione sorretto dal percussionista jazz Piero Buffarello. Ma la chicca nella line up della band era costituita dalla presenza di due folli non musicisti che si avvicendavano a strumenti inconsueti quali frese, trapani, martelli, seghe elettriche (e non), oggetti contundenti di vario tipo e genere: Cristiano Ighina e Corrado Gallo.

Un’accozzaglia senza alcun senso logico, una sconclusionata combriccola socialmente pericolosa insieme a raffinati musicisti dai background più disparati. E come spesso avviene in queste situazioni, il non-sense e la naturale incompatibilità di opposte sensibilità non poteva produrre altro che una band (a suo modo) geniale, autrice di una manciata di brani mai editi e dall’impatto devastante: dal manifesto (ancora influenzato dal sound dei Cinano) Atomica su Washington alla delicata e sensuale La vite, dall’industrial wave strumentale  di The fight all’impietosa Italian style, alla dissacrante e schizzata riproposizione dell’inno di Mameli (Fratelli d’Italia).

Ma è dal vivo che gli Eczema hanno lasciato il segno: non più di una decina di concerti, tra Liguria e basso Piemonte, e mai superiori al’ora di durata. Ma è sicuramente un’ora rimasta nella testa e nel cuore, nel bene o nel male, di un nutrito gruppo capitato (chi volutamente e chi casualmente) nei paraggi di vari centri sociali (Alessandria e Bolzaneto in particolare),  di Villa Doria (davanti ai pegliesi esterrefatti), di Villa Serra,  dell’Expo, e soprattutto dell’Albatros.

La serata dell’Albatros fu il massimo che la miscela esplosiva Eczema potesse partorire, sicuramente il “concerto” più traumatico e rischioso di tutta la (gloriosa) storia rock della nostra città. Concerto che racconteremo nella seconda parte di questa breve cronaca di una storia di oltre due decadi fa.

Intanto qualche breve fotogramma, dal quale si può intuire il clima inquietante, claustrofobico (ma anche liberatorio) caratteristico dei concerti della band, è presente nel “raro videoclip del gruppo rumorsinfonico Eczema, uno dei gruppi rock italiani più censurati degli anni ’90” (cit. da profilo youtube cinano)

Buona visione      …to be continued

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