Recensione pietra miliare: Peter Gabriel – Us – 1992

di Roberto Giannini, pubblicato il 17 Marzo 2014

by Riccardo Storti* da http://scrittoreprog.blogspot.it/2012/05/peter-gabriel-collection-us.html

Nel 1989 Peter Gabriel aveva fondato l’etichetta Real World, proprio con uno scopo ben preciso: diffondere e fare conoscere le “musiche del mondo”, a quell’ “altro” mondo: l’Occidente mainstreamizzato in un momento di epocale cambiamento (l’89 è soprattutto l’anno della caduta del Muro di Berlino… ). Stimoli di natura etnica pervadevano già da un bel po’ l’immaginario sonoro di Gabriel e con So l’artista britannico era giunto ad una sincera ridefinizione del proprio percorso creativo. Nel 1992, dopo ben sei anni, il nuovo album: Us. Oltre un lustro per affinare ulteriormente le innumerevoli intuizioni di So, attraverso un’attività fruttuosa con disparati musicisti di altre latitudini (e, nel frattempo, aveva composto anche la colonna sonora di Passion). Così, con spontanea naturalezza, Gabriel accoglie un pool di interpreti asiatici e africani, insieme ad amici di ieri e di oggi (Sinead O’ConnorBrian EnoJohn Paul Jones e Peter Hammill). Però devo ammettere che l’elemento che mi ha colpito di più di questo album va scorto nelle melodie; melodie che si imbastardiscono ma che nascono da una radice lontana, propulsiva nella storia di Gabriel. Mi riferisco, in particolare modo, a canzoni come Blood of edenWashing the water e Fourteen black paintings. Sì, i pattern ritmici richiamano l’Africa, ma poniamo attenzione al flusso del dettato melodico. E’ Rael che canta all’equatore; è il cantore di Cinema Show immerso in una vacanza esistenziale volta a contemplare la Stella del Sud invece del Grande Carro. Il resto è noto ed, estremamente, piacevole perchè confezionato con intelligente professionalità (e attenzione al mercato). Gabriel ritenta la vivace scommessa – e la vince – di Sledgehammer e Big time con Steam,  Digging the dirt e Kiss that frog; prova l’esperimento afro-celtico (cornamuse e tamtam in Talk to me) e, per migliorare l’architettura strutturale di alcune track, si affida alla sensuale sinuosità  del basso di Tony Levin (Love to be loved Only us). Anche i testi si arricchiscono di una maggiore trazione introspettiva, toccando talvolta aspetti personali e intimi, pur con una gittata più estesa (tanto da realizzare quella magia di immedesimazione che le liriche di una canzone possono attivare).

 * Coordinatore del Centro Studi per il Progressive Italiano

Track Listing:

1. Come Talk To Me

2. Love To Be Loved

3. Blood of Eden

4. Steam

5. Only Us

6. Washing Of The Water

7. Digging In The Dirt

8. Fourteen Black Paintings

9. Kiss That Frog

10. Secret World